Quando inizio a scrivere chiudo per un attimo gli occhi e respiro, come a focalizzare qualcosa per poi liberarmene. Non saprei dire con certezza cosa vedano in quegli attimi e forse non mi è dato saperlo. So solo che da quel momento in poi lo “scrittore” che risiede come parassita in me decide di parlare e narrarmi storie a volte straordinarie ed altre decisamente meno. In quel momento mi siedo e sorseggiando un buon caffè lo sto a sentire e di sottofondo alle sue parole una melodia classica e cullante. Starei ad ascoltarlo per ore ma lui parla poco ed è schietto e diretto.
Tante volte non vuole parlarmi e non vuole uscire perciò mi sento solo ed incompleto. In realtà è lui che scrive, io servo solo come tastiera. Io sono il tramite o forse nemmeno lo sappiamo ma siamo la stessa cosa. “Uniti senza saperlo” suona decisamente bene non credete?
La fase “blocco dello scrittore”:
Bipolarismo, mente nascosta, pazzia o semplicemente blocco dello scrittore. La dura verità è che giustifico il mio umile e precario “blocco dello scrittore” creandomi un personaggio molto più colto ed interessante che risiede dentro di me e penso che ogni poesia e stralcio di pensiero che scrivo dipenda da lui. Dalla sua volta o meno di fantasticare tra i ricordi. Nel caso si presenti all’appello sarà sicuramente un capolavoro mentre nel caso mancasse meglio non scrivere ed andare a fare qualcosa di più produttivo perché mancherebbero non solo le parole ma anche la passione. Magari questo personaggio non esiste e sono la vena poetica e il carpe diem in cui scrivere ad esistere e sanno perfettamente quando entrare in azione. Non c’è neanche il caso di chiederlo.
Non devo pensare a quello che scrivo perché tanto so che uscirà di getto e non potrò che digitare le lettere sulla tastiera. Un peso esce piano piano ogni volta che i tasti vengono interpellati e si sente il fastidioso rumore da tastiera frenetico e disturbante.
Non riesco nemmeno più a rileggere ciò che scrivo, rabbrividisco nel riassaporare il sapore di quelle parole e ripensare al peso che prima avevano per me. Ogni volta non riesco a credere di aver scritto io quelle frasi. Non credo mai di esserne capace.
“In fondo penso che passare il mio tempo a scrivere e complicarmi la vita non sia un gesto di odio verso me stesso ma piuttosto un modo per farmi amare tutto il resto.”
#6
L’inizio [della scrittura]è anche l’ingresso in un mondo completamente diverso: un mondo verbale. Fuori, prima dell’inizio c’è o si suppone che ci sia un mondo completamente diverso, il mondo non scritto, il mondo vissuto o vivibile. Passata questa soglia si entra in un altro mondo, che può intrattenere col primo rapporti decisi volta per volta, o nessun rapporto.
da “Lezioni americane” Italo Calvino