Urgente: scrivere

Riprendere in mano la penna, scrivere! Questa era la frase che ho trovato su di un post it questa mattina. Non è strano, sono giorni, se non settimane, che non riesco a scrivere qualcosa che non sia un flusso di coscienza depressivo. Ho mille altre cose da sbrigare e sulle quali focalizzarmi ma ora voglio concedermi un momento per scrivere, lo devo a me e a quel post it giallo che mi fissa intensamente dalle sette di mattina.

 

Mi immergo, respiro, 3…2…1, via.

 

Tram

 

A luglio i tram di Torino sono deserti, non importa quale linea si prende, un posto si trova. Questa potrebbe essere un’osservazione scontata, va bene, ma ha comunque la sua particolarità, la sua genuina sorpresa. 

A volte mi capita di salire sul 10, il tram che porta alla stazione Porta Susa, lì mi piace immaginare con chi sto viaggiando, chi sta condividendo con me questi istanti. Vedo a fianco a me due ragazzi, sorridono e si guardano intorno, come se non fosse chiaro dove fossero. Mi piace pensare che siano turisti e che anche loro, oggi, debbano beccare questo caldo. Un po’ come tutti.

Vedo poi una valigia, è viola e ingombrante. Sembra pesante e contenente una vita, un’esistenza che si sta spostando, non riesco ad immaginarmi dove. La proprietaria della valigia la vedo solo di schiena, è seduta e guarda fuori, come se fosse l’ultima volta che vedrà quei posti. Inizio a pensare che sia necessario dare valore ai posti in cui si vive, nei quali si cammina, perché magari un giorno ci passerò per l’ultima volta. Ho sempre pensato a come si debbano salute le persone ma mai i luoghi, i posti che mi hanno accompagnato nelle mie giornate, qualunque cosa accadesse. 

Così ho inizio a guardarmi in giro, voglio notare i piccoli particolari che sfuggono alla mia vista ma dare anche importanza a ciò che ogni giorno vedo e vado oltre. Vedo l’insegna di una panetteria e mi domando come sia il pane lì, come la focaccia e se accettano la carta. Mi chiedo se esistano i clienti abituali, se qualche bambino o bambina passando di lì chiedano al papà o alla mamma di fare merenda o se, a chi non ha nulla e avesse chiesto da mangiare, avessero mai dato il pane. 

Insomma, quante storie hanno vissuto i luoghi che vedo per sbaglio e sorpasso e quanta fretta ho di andare via senza conoscere. 

 

Cinema

 

Sono andato al cinema un paio di settimane fa, erano mesi che non ci andavo. Sono passati mesi nei quali speravo di andarci. Non parlo di andare da solo, quello lo avrei potuto fare benissimo, o quasi. Parlo di andare con una persona speciale, condividere un momento così personale e individuale. Dico individuale perché, soprattutto al cinema, c’è una bolla che separa ogni persona lì seduta. I braccioli dividono posti, l’assenza di rumore oltre al film significa concentrazione e tutti sono con gli occhi verso un solo schermo, sintonizzati.

Proprio in quel momento, quando gli occhi guardavano la stessa cosa, i miei guardavano te. Era difficile concentrarmi sul film, tu possedevi ogni mia attenzione. Volevo avere il lusso di godermi le tue espressioni, sentivo il calore del tuo corpo accanto al mio e le nostre mani, a volte, si tenevano strette. In quei momenti, dopo attimi di apnea, respiravo dolcemente, leggero. Speravo ogni volta che il nostro sguardo si scontrasse, che un sorriso aprisse i nostri visi e che il respiro si combinasse.  

Avevo la smisurata voglia di leggerti sul viso le tue sensazioni, le emozioni che dentro te il film suscitava. 

Vedevo nei tuoi occhi il momento magico che ancora non pensavo stessimo vivendo.